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AMICI NEL CUORE AMICI NEL MONDO

Carfax Tower Oxford
Amici nel cuire amici nel mondo

AMICI NEL CUORE AMICI NEL MONDO

Amici… chissà cosa stavano combinando i miei cari amici, pensavo sempre più spesso a loro e a quanto mi mancassero, li sentivo distanti, distanti anni luce da questo mio nuovo mondo e non potevo certo chiamarli e dire “Ciao amici! Ci vediamo stasera per una birra, vi va?”.

Ho imparato che qui il tempo scorre in maniera diversa, i primi due mesi sono praticamente volati senza che nemmeno me ne rendessi conto e così in un lampo era arrivato Maggio.

Quando il grigio, il colore che mi aveva accolto nei miei primi giorni in Inghilterra, aveva finalmente lasciato spazio alle belle giornate non facevo altro che pensare che tanti anni fa questo sarebbe stato un ottimo motivo per smettere immediatamente di studiare e ritrovarsi giù nelle strade a chiacchierare e a ridere tutti in compagnia.

Anche se con un po’ di ritardo, la Primavera stava cercando di sbocciare rigogliosa, gli alberi cominciavano a coprirsi di verdi foglie, qualche timido fiore si nascondeva tra le grigie tipiche vie inglesi regalandole un po’ di colore ed il Sole, finalmente alto e luminoso, riscaldava i mattoni color miele degli antichi college di Oxford.

Ma andiamo per ordine, partiamo da dove ci eravamo fermati l’ultima volta, esattamente da quel giorno in cui volevo urlare di felicità in mezzo ad una folla di gente, il giorno in cui finalmente firmai il contratto per Tommy Hilfiger.

Come posso descrivere quei giorni?
Come riesco a trasformare in parole le mie emozioni?
Se chiudo gli occhi le posso sentire più intensamente, sono piccoli e invisibili brividi sotto pelle che a turno litigano, si azzuffano, piangono, ridono, si abbracciano e corrono frenetici lungo la mia schiena, se li seguo, se mi perdo lungo il loro percorso e mi lascio avvolgere dal loro calore per dispetto si trasformano in improvvise scariche elettriche, pungenti scosse, pronte a far esplodere il mio povero petto.

IL NUOVO LAVORO

Era il 30 Aprile, era il mio primo giorno di lavoro, ricordo di essermi svegliato più di 2 ore prima, ero emozionato ed ansioso come ormai non mi capitava più da tempo. Dopo una bella colazione a base di thè, pane e nutella sono corso in strada verso “Shelley Road”, la mia fermata del bus a cinque minuti a piedi da casa.

In quel primo giorno l’aria era frizzante, potevo sentirla scorrere sul mio viso, le nuvole si susseguivano una dietro l’altra nascondendo quel bellissimo cielo azzurro che non prometteva più nulla di buono, io non ci facevo caso, per me era tutto luminoso e bellissimo, o perlomeno lo vedevo così.

Salii sul bus e mi diressi al piano superiore per prendere posto al lato del finestrino. Da qui potevo guardare la cittá, ancora stropicciata dalla lunga notte venir baciata in fronte dal primo raggio di sole. Uno dopo l’altro gli altissimi camini venivano illuminati da quel timido fascio di luce e il mio sguardo si perdeva tra gli ordinati tetti spioventi fatti di tegole verdi ormai ammuffite dalla pioggia.

Volevo vedere la strada scorrere, non volevo perdermi nessun dettaglio, osservavo le vecchie case di mattoncini, le antiche chiese e torri medievali, i locali ancora chiusi e quieti, la gente che camminava lenta verso il lavoro e qualcuno che correva veloce in bicicletta verso chissà dove. Io con le cuffie nelle orecchie ascoltavo la mia musica e pensavo a questa nuova avventura che stava per iniziare, fantasticavo su come sarebbe stata e a dove mi avrebbe potuto portare.

Appena entrai nel negozio riconobbi subito Sara, la manager con cui avevo fatto il colloquio.
“Ciao Matteo, scegli due paia di jeans, due magliette e una felpa, saranno la tua nuova uniforme”.

Questo fu il suo benvenuto, il suo modo per dimostrarmi che entravo a far parte del loro team. Mi spiegò poi con calma il lavoro che avrei dovuto fare e che adesso è diventato una di quelle piccole piacevoli, stimolanti e gratificanti routine quotidiane.

Da quel primo giorno così frenetico ed emozionante sono passate settimane, anzi mesi, ho imparato a conoscere i miei colleghi, i miei nuovi amici.

C’è Lewis il manager che sogna di trasferirsi in Giappone dalla sua fidanzata, Jake T. che vorrebbe andare presto a vivere a Los Angeles per allenare una squadra di calcio, Sara la disponibile e bravissima assistant manager che ama viaggiare, Jake M. simpaticissimo ragazzo con cui ho legato molto e che dopo gli studi vorrebbe diventare pilota della Royal Air Force, Moh emozionatissimo perché presto sarà per la prima volta padre, Libby che dopo i primi tempi passati a cercare di decifrare il suo strano accento finalmente sto iniziando a capire e Dan che dopo tante risate ci lascia per cominciare una carriera nel mondo finanziario.

Sto iniziando ad affezionarmi a queste fantastiche persone, a conoscere i loro progetti futuri e i loro sogni e quando qualcuno di loro ci lascia per intraprendere la propria strada, ho imparato a salutarli, abbracciarli e ad augurargli tanta fortuna ed una vita piena di avventure ed emozioni. Il mio inglese sta lentamente migliorando, e anche se ho fatto sicuramente qualche gaffe, ho sempre cercato di superare l’imbarazzo senza mai smettere di sorridere, ridere e far ridere tante persone.

VECCHI AMICI

Verso metá Maggio scoprii di avere disponibili quattro “day off”, giorni liberi, e ne approfittai subito per prenotare un volo per l’Italia. Avevo voglia di rivedere i miei amici, cominciavo a sentire la mancanza dei loro abbracci, dei sorrisi, delle risate in compagnia. Spesso mi perdevo nei ricordi delle serate passate a dire cazzate, seduti davanti ad un bicchiere di birra, una pizza, poi un amaro, anzi due e le parole che allora escono più sciolte, senza freni. Un fiume di chiacchiere che continua fino a tardi, fino ai saluti e agli abbracci, quelli forti con le pacche sulle spalle che ti lasciano quelle sensazioni di soddisfazione e di appagamento che solo i veri amici ti sanno dare, che si posano sulla pelle e che ti porti a casa in macchina nella notte.

Volevo fare a tutti una sorpresa, sapevo che stavano organizzando una serata in pizzeria, WhatsApp si riempiva di messaggi che continuavano a cadere veloci uno dietro l’altro, tutti scrivevano qualcosa come impazziti, ognuno diceva la sua, ognuno proponeva un locale piuttosto che un altro. Io li spiavo da lontano, a me andava bene qualsiasi cosa, per me in quel preciso momento l’unica cosa importante era rivederli, sorprenderli e perdermi tra i loro abbracci.

Mi divertivo a prenderli in giro, mentre si scrivevano per cercare di decidere il locale, mentre il telefono sbuffava ad ogni notifica io ogni tanto mandavo loro un messaggio dicendo: “ragazzi venite qui ad Oxford, la pizza da Pizza Pilgrims é buonissima, prenoto per sabato, ci state?” e loro mi riempivano di insulti dicendomi di tornare presto. Avevo scelto il week end perfetto per rientrare in Italia. Amici, pizza, casa, affetti, tutti inconsapevoli del mio arrivo ma tutti pronti a riabbracciarmi ed io non vedevo l’ora di arrivare e di farmi avvolgere da quel meraviglioso calore, non vedevo l’ora di ricambiare ancora quel sorprendente legame che ci univa fin da ragazzini, e lo ammetto, non vedevo l’ora di vedere le loro facce piene di stupore nel vedermi materializzato da quella cascata di messaggi.

IL RITORNO

Avevo il bus a mezzanotte e trenta da Hight Street e il mio volo era alle sette e trenta del mattino, sarei rimasto sveglio tutta la notte fino al mio arrivo a casa per poi riposare qualche ora prima di mezzogiorno. Dopo due ore di strada ero nel gate dell’aeroporto di Luton seduto comodo su uno sgabello del Costa Caffee a sorseggiare il mio secondo caffé americano in attesa dell’imbarco. Ad un certo punto sentii vibrare il cellulare, era un messaggio da EasyJet che diceva: “Ci dispiace tanto ma il suo volo subirá un ritardo di sei ore…!!” COSAA?!?!?!?! Non potevo e non volevo crederci, ero completamente deluso e impotente, in un secondo la stanchezza mi crollò addosso come un macigno e l’orologio sembrò girare lento quasi volesse tenermi bloccato in quello stupido aeroporto Londinese.
Ho resistito, ho combattuto la rabbia, ho aspettato, tanto, troppo, ma alla fine ce l’ho fatta a tornare a casa. Atterai a Malpensa alle 17.30 distrutto e stanchissimo, in piedi ormai da 36 ore cominciai ad accusare i primi cedimenti. Solo lei poteva farmi dimenticare tutto, la mia unica complice di questa pazza sorpresa, lei che era lì ad aspettarmi trepidante dopo il lavoro, la mia Simona, bellissima sotto quel caldo Sole di Maggio. Senza perdere altro tempo caricammo il bagaglio in macchina, la strada verso casa sembrava infinita, non smettevamo più di parlare e raccontarci ancora nuove storie, quelle storie celate da chilometri di distanza, lei guidava e parlava, io la ascoltavo rapito dalla sua voce adesso nuovamente cosí vicina.

Avevo solamente pochi giorni e li volevo trascorrere nel miglior modo possibile, avvolto da ogni emozione che desideravo provare e di cui sentivo la mancanza.
La reazione dei miei familiari nel vedermi fu indimenticabile.

Simona guidò fino a casa come fa ogni giorno dopo il lavoro, ma questa volta con me nascosto in macchina, ricordo che sua madre iniziò a saltare dalla gioia nel vedermi e a casa di mia sorella i miei nipotini corsero come pazzi solo per saltarmi addosso con tutto il peso del loro affetto, fu bellissimo abbracciarli e stringerli fortissimo dopo tanto tempo.

Tutto quello che mi mancava era li a portata di mano finalmente, quella sera io e Simona ci regalammo una cenetta per due in un bellissimo posto vicino a casa, la trattoria San Salvatore, dove mi feci coccolare da salumi, formaggi, affettati, risotto ai funghi e vino. La stanchezza, ricordo, frantumava ogni mio singolo battito di ciglia, ma dovetti resistere, quella infinita giornata non poteva terminare così e quindi il Sole, anche lui stremato da quel lungo giorno, pensò di avvolgere ogni singolo angolo di cielo regalandoci uno straordinario tramonto come dessert.

LA SERATA PERFETTA

“Buongiorno amore, oggi è il giorno della sorpresa, basta dormire!”, le parole di Simona mi fecero ricordare il vero motivo del mio improvviso rientro. Mancava davvero poco, una manciata di ore e poi avrei finalmente riabbracciato i miei amici

L’appuntamento era alle 20.30 in pizzeria, ricordo perfettamente quel fremito che mi correva sulla schiena appena prima di entrare nel locale. Simona si avviò da sola verso la tavolata ed io nascosto poco dietro riuscivo a sentire le battute scherzose che le facevano vedendola arrivare senza di me: “Ciao Simo, ma il Teo? Dov’è il Teo??” “Non c’è il Teo? Ha fatto lo spiritoso per tutto questo tempo che quasi quasi credavamo arrivasse davvero”.

Questo era il mio momento e non me lo feci sfuggire, corsi verso di loro con un enorme sorriso stampato in faccia.
“Oh…ma è arrivato! Non ci credo!”
“Oh il Teo è qui” “il TEOO!!”

In un secondo furono tutti in piedi, sentivo le loro braccia abbracciarmi e stringermi forte e riuscivo a vedermi riflesso nei loro occhi lucidi.

Ho sentito la forza dell’amicizia, quella vera, quella che ti trascini da anni e che rimane nonostante tutto, nonostante i cambiamenti, nonostante la distanza. Passa il tempo, succedono tante cose ma dopo tutto siamo sempre noi, i soliti “cazzoni” seduti al tavolo, una pizza, qualche birra, tante parole, tante cazzate, scherzi e battute.

Li guardo, sono cresciuti, si sono sposati, hanno fatto dei magnifici figli, sono invecchiati, ma io non riesco a smettere di vedere quei ragazzini che tanti anni fa erano miei amici e che dopo tanti anni sono ancora qui pronti a riprendermi con loro.

Il Sole al tramonto copriva Cowley Road con una splendida luce dorata, ero appena rientrato da quei pochi e meravigliosi giorni in Italia ed ora, seduto sul bus guardando fuori dal finestrino, mi domandavo cosa stessero facendo i miei amici… beh, nel mio cuore sapevo benissimo che se avessero potuto mi avrebbero abbracciato, tirato qualche pacca sulle spalle e riso davvero forte per qualche cazzata detta.

Con questa consapevolezza aprii la porta della mia camera, io l’ennesimo italiano perso da qualche parte in Inghilterra, e mi sembrò che fossero tutti lí con me quei ragazzini pazzi pronti a saltarmi addosso per abbracciarmi, noi contro il mondo, io e i miei Amici.

Centro Oxford
Carfax Tower – Cornmarket Street
Magdalen College, interni
Magdalen college
Panorama San Salvatore
Tramonto “trattoria San Salvatore”
Amici
Amici nel cuore amici nel mondo
Amici nel cuore amici nel mondo
Amici nel cuore amici nel mondo
Amici nel cuore amici nel mondo
Amici nel cuore amici nel mondo
Amici nel cuore amici nel mondo
Cowley Road – Tramonto

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